Il Diario si compone di trenta collages realizzati con tre tonalità di carta che applicano al marmo e al cemento di Manifattura un filtro Tabacco.
Moradi è un artista da esterno. Sta bene fuori, di primavera o d’estate. All’autunno ruba ancora qualche bella giornata, fa il carico di aria e di luce prima dell’inverno, stagione in cui cambia cappello.
Moradi lo conosciamo per i suoi animali disegnati con il legno. Il suo Leone in Piazza del Carmine a Firenze, le sue giraffe all’ospedale pediatrico Meyer o sul tetto del teatro Parenti di Milano per citarne solo alcuni. Sono opere in cui le linee naturali del legno che trova vengono assemblate.
Prima di assemblare legni, Moradi assemblava carte. Con la Lola vicina, il suo pastore tedesco, andava per i fianchi dei monti del Mugello ad osservare le linee e i toni delle colline infrascate di ulivi. Le carte venivano scelte per toni e strappate secondo un’osservazione quasi impressionista del puzzle paesaggistico nel quale si immergeva e le incollava sulla tela.
Vent’anni dopo, il Sedicente ha ripreso in mano la carta, immerso questa volta in un paesaggio razionalista e industriale, quello di Manifattura Tabacchi. Ha speso il suo inverno a guardare la luce baciare le ampie geometrie del piazzale della ciminiera, un po’ come un macchiaiolo. Ha colto alcuni istanti della vita di questa fabbrica in mutamento per fissarne il presente. Si è fermato a contemplarne ogni dettaglio, quei dettagli che sfuggono al più, a comprenderne la geografia. Quel tubo della cisternina sul tetto dietro la ciminiera, dove va, come ci va?
Il collage praticato da Moradi, tanto per i suoi paesaggi quanto per la serie del Diario, ricorda la tecnica dell’ intarsio. In fondo il legno non è mai lontano. L’intarsiatore ha una collezione di sfoglie di essenze varie nelle quali poter riconoscere quel tratto, quella sfumatura già presente in un petalo di rosa, sul versante ombreggiato di una collina, o nella luce d’inverno sul muro di un edificio. Come lui, Moradi si è creato una cartoteca di fogli lavorati, un’enciclopedia di tonalità, di linee da cui attingere nei suoi collages. L’effetto marmoreo ottenuto dopo le sue lavorazioni potrebbe in realtà ricordare, oltre la materia stessa di cui è rivestito l’ingresso monumentale di Manifattura, una tecnica simile all’intarsio e di matrice decisamente toscana, il preziosissimo Commesso Fiorentino. In ogni caso il Diario di Manifattura identifica il suo gusto per la materia e il mestiere. In una certa misura concentra la storia di Moradi, ne definisce con coerenza l’universo estetico, un mosaico di collages dove quelli di legno sono solo un tassello.