Sebastiano Benegiamo fa parte di quegli artisti fiorentini formati all’Accademia delle Belle Arti nelle classi di Adriano Bimbi. Vi approda a 20 anni, mentre si era fin’ora dedicato alla scrittura. allora dipinge ritratti, anzi, teste. Sono figure in cui manca per l’appunto il tratto appena fabbricate, fantasmatiche. La linea della sagoma stenta a dividere il dentro dal fuori. Le tonalità che privilegia sono scure, tratte da una palette terrosa. Più che di colore la palette è di materia ed è quella dimensione fango-argillosa a offrire corpo e peso alle sue figure in bilico tra l’essere e il non essere. Sebastiano trattava il suo modello non tanto come “oggetto” quanto come “spazio” la cui essenza era determinata dall’intuizione della sua diffusione.
Percepiamo come, con il ritratto, Sebastiano avesse via via bisogno di emanciparsi dal modulo di composizione naso, occhi, bocca, proporzioni per offrirne un’intuizione diffusa. Secondo lo stesso principio potremmo dire, Sebastiano approda al paesaggio vero e proprio.
Non si tratta per lui di restituire, con il cavalletto piantato nell’erba di questa o quest’altra collina, di questo o quest’altro campo, nella più pura tradizione della pittura “en plein air”, la reale morfologia della porzione terrestre che lo ha ispirato, ma di dipingere l’impronta che questo paesaggio ha lasciato in lui.
Benegiamo passeggia, si immerge nella contemplazione lasciandosi imprimere dall’insieme dello spazio che lo circonda. Solo in un secondo momento, nel suo studio in campagna, dipinge. Lo spazio vissuto ha lasciato una traccia, ed è quella traccia che lui riporta sulla tela. Il meccanismo in fondo non è dissimile a quello della decantazione. Troviamo su alcuni dei suoi lavori una metafora fisica di questa idea. Su diverse delle sue “Vedute” sono presenti dei residui di elementi vegetali, erbette o fieno. Potremmo romanticamente pensare che queste sono le tracce dell’aperta campagna dove lui dipingeva, residui portati dal vento mentre rappresenta il suo paesaggio “en plein air”. Ma Sebastiano non le ha dipinte “en plein air”, queste “tracce” si sono applicate all’opera mentre asciugava fuori dal suo studio.